Wladimiro Ganzarolli

Wladimiro Ganzarolli

In silenzio, con la discrezione del gran signore, Wladimiro Ganzarolli ci ha lasciato. Quando a soli 29 anni aveva cantato Falstaff alla Scala, un critico aveva segnalato la “fumata bianca” che annunziava la  nascita di un nuovo Mariano Stabile.  In comune con questo  Falstaff leggendario Wladimiro aveva la classe, l’arguzia, l’aristocratico distacco, necessari per affrontare il mitico personaggio e insieme la padronanza scenica e vocale per darne una lettura di valore assoluto.

Prima del trionfo scaligero, Ganzarolli aveva giá conquistato un ruolo da protagonista in quel manipolo di giovani talenti che in pochi anni hanno rinnovato il panorama interpretativo del teatro lirico. Il suo debutto all’ASLICO, con un impressionante Mefistofele del Faust,  lo aveva segnalato alle istituzioni di punta, come il Festival di Spoleto, dove Luchino Visconti, che sempre lo predilesse, lo introdusse all’amore per Mozart con una indimenticabile interpretazione del ruolo del protagonista, nelle Nozze di Figaro. A Mozart (cantato ovunque e documentato in registrazioni discografiche di riferimento), come poi a Rossini (Italiana in Algeri, Turco in Italia, L’occasione fa il ladro, Semiramide…) a Donizetti (Duca d’Alba, Elisir d’amore, Don Pasquale, Figlia del reggimento…), Meyerbeer (Gli Ugonotti) e tanti altri belcantisti, si attagliavano perfettamente le caratteristiche precipue della sua arte, nutrita da una strenua ricerca della perfezione e impreziosita da una visione moderna della professione che  praticava con aristocratico distacco. Musicista colto e raffinato, italiano innamorato del suo Paese, difensore dei suoi valori alti, Ganzarolli,  affrontò con spirito innovativo i grandi personaggi del melodramma innalzandoli a nuova dignità, come Don Pasquale, non piú babbeo senescente, ma, sulla scorta della lezione di Falstaff, umanissima figura capace di vero amore e sofferenza.

La sua cultura e la sua musicalità gli consentirono un eclettismo articolato, dalla pagine antiche di Cimarosa (Matrimonio Segreto) , sino a quelle di Debussy (Pelléas et Melisande), Hindemith (Cadillac), Britten (Sogno di una notte di mezza estate) e tanti altri contemporanei, interpretati ovunque con lo stesso impegno dispiegato nei classici. La sua voce e la sua tecnica, che nel prediletto Mozart attinsero la voluttà della perfezione e in Rossini il brivido del virtuosismo intelligente, ne hanno fatto uno degli interpreti piú originali e innovativi. Oggi, che queste qualità si vorrebbero moneta corrente, la sua scomparsa lascia un rimpianto incancellabile.

Alberto Zedda

© Zedda-Vázquez