Discorso in occasione della nomina del M° Alberto Zedda a Presidente Onorario della Società Tedesca Rossini

 

La Deutsche Rossini Gesellschaft, che a dieci anni dalla sua fondazione vanta un numero di amici e appassionati sempre crescente, vuole oggi rendere omaggio ad uno dei più eminenti Rossiniani della storia, nominandolo suo Presidente onorario. Cerco di illustrare, in questo breve discorso, qualche aspetto del “Rossinismo“ di Alberto Zedda, e ringrazio lui e la sua cara consorte Cristina di essere qui tra noi.

So che non gli rendo piena giustizia, poiché tralascio i diversi meriti che Alberto Zedda ha acquisito nello studio di tanti altri musicisti, quali Monteverdi, Spontini, Bellini, Donizetti ecc. Ma capirete che in questa sede mi concentro sugli aspetti rossiniani, che sono peraltro anche quelli più salienti della sua biografia.

Pochi possono vantare un’attività rossiniana così polivalente come Alberto Zedda. Dapprima egli si è fatto valere come musicologo: all’inizio della sua carriera di direttore osò mettere in dubbio la forma corrente del Barbiere di Siviglia, correggendolo criticamente in base all’autografo, allora abbandonato nella polvere. Fu l’evento primario che portò all’edizione critica dell’opera omnia di Gioachino Rossini, nella quale impresa continuò ad avere grandissima parte, sia come uno dei suoi direttori sia come revisore, oltre che del Barbiere, anche della Cenerentola, della Gazza ladra e della Semiramide. Un suo importantissimo apporto filologico fu anche il ripristino delle variazioni e cadenze, che scrisse e scrive tuttora con cognizione di causa e con grande gusto.

Ma prima di tutto Alberto Zedda è noto come direttore musicale, ed è uno che sa come pochi altri infondere alla musica rossiniana la giusta cifra vitale, grazie ad una grande attenzione alle dinamiche e ad un’agogica mai univoca. Egli mi è sembrato sempre come un cocchiere alla guida di una pariglia di razza, ora tirando, ora allentando le redini in una perfetta corsa, mantenendo l’equilibrio tra la successione delle diverse tensioni. Queste qualità le trovo già nella sua prima direzione a me nota, L’equivoco stravagante del 1965. Quindi non sono tanto il risultato di una maturata esperienza, ma riflettono piuttosto un’innata inclinazione per questa musica. Ogni volta che sale sul podio Alberto Zedda dà prova di giovanile vigore, e riesce a trasmettere il suo entusiasmo agli interpreti e a mandare in visibilio il pubblico.

Oltre che come direttore e musicologo ha lasciato la sua impronta in campo rossiniano anche come scrittore. Numerosi i suoi contributi per programmi di sala e guide d’opera, tra cui il francese “Avant Scène Opéra”. Ricordo in particolar modo un depliant curato per la Scala di Milano con una bellissima analisi della Donna del lago, dove illustra in modo così convincente l’ambiguità del cosiddetto “finale lieto“ che rende il lettore più attento alle pieghe e ai toni nascosti della musica di Rossini. Con la sua vena filosofica è riuscito a spiegare mirabilmente il carattere ambivalente e comunque organico della poetica di Rossini, adottando il concetto del dionisiaco e dell’apollineo per chiosare la sua musica. Fanno parte di questo aspetto filosofico-letterario anche le sue conferenze, colloqui, introduzioni alle opere, che modestamente definisce “chiacchiere”, ma che sono affascinanti testimonianze del suo raro e profondo sapere del mondo rossiniano.

Infine egli è un dotato insegnante che ha trasmesso la sua conoscenza dello stile rossiniano a decine di orchestre e a centinaia di giovani cantanti, gettando così una base fondamentale per la diffusione della musica rossiniana. La sua affabilità e generosità, il suo entusiasmo per la materia, il suo eloquio affascinante e vivace fanno di lui non solo un competente in materia, ma anche una persona eccezionale sul piano umano. Però il simpatico maestro può avere anche i suoi momenti di irritazione. Guai, se dopo la seconda o terza richiesta di suonare piano, laddove è scritto piano, si continua col mezzoforte! E per un’audizione, ai cantanti si consiglia soprattutto di evitare due cose: presentare un’aria con dei tagli, o scegliere un ruolo che non corrisponde al proprio registro.

Se altri, che erano ritenuti grandi Rossiniani, come Abbado, hanno perso durante gli anni il loro prisco splendore, Zedda lo ha sempre rinnovellato, e voglio provare a distinguere i periodi più importanti del suo “Rossinismo”. Gli anni 60-70 segnano la sua iniziativa per l’edizione critica del Barbiere di Siviglia e le successive esperienze in campo editoriale e direttoriale: La Cenerentola (1971), Torvaldo e Dorliska (1977), La gazza ladra (1979). Nel 1980 l’avvento del Rossini Opera Festival a Pesaro, dove fino al 1992 fu consulente artistico; erano gli anni d’oro della Rossini Renaissance, legati e dovuti in gran parte a lui, segugio di voci importanti e artefice di impeccabili scelte artistiche. Terminata questa grande stagione, una successione di scelte meno durature, poi quasi il silenzio. Forse persino anni di crisi? Ma eccolo risorgere, di nuovo irrompere da Rossiniano con una successione irrefrenabile di direzioni di opere. È proprio vero che Alberto Zedda “si è creato il suo festival rossiniano per il mondo”, come definì felicemente un mio amico questa sua incredibile attività degli ultimi anni.

Inoltre, gli anni ’90 segnano la sua attività didattica, non solo con la direzione della prestigiosa Accademia Rossiniana a Pesaro, ma anche in posti splendidi come Royaumont e Wildbad. E ora siamo testimoni di una novella stagione, il nuovo appello a Pesaro e gli auguriamo duraturo quel suo vigore giovanile, così come tanta buona salute ancora per lunghi anni.

Riguardo a questo invito al ROF disse recentemente in un’intervista rilasciata all’Opéra international di sentirsi come uno che torna a casa, e io direi con Grétry, il gran concittadino di Liegi, “où peut on être mieux qu’au sein de la famille?”. Io spero e credo che Alberto veda anche in noi parte di questa famiglia rossiniana, e per l’affetto che gli portiamo, desideriamo ora donargli di tutto cuore un piccolo ricordo.

Reto Müller

 

Credo che basti una parola: Grazie.

Mai nella vita ho sentito tante belle parole a mio riguardo… non so cosa dire. Sono contrario alle celebrazioni, anche alle mie, quindi sono un po’ imbarazzato. Però, devo ammettere, molto touché, perché mi si dimostra che il lavoro che uno fa, – qualche volta con timore perché in momenti di sconforto si ha paura di sbagliare o di diventare ossessivi e fanatici – viene seguito e osservato. È una gioia scoprire che c’è chi lo valuta e lo trasforma in fatti positivi di conoscenza, di amore, di entusiasmo, di energia, di speranza. E allora uno trova nuove ragioni per vivere. E siccome credo che la cosa più difficile sia giustificare perché siamo al mondo – vero? – il fatto di trovare qualcuno che ci aiuta a dare una risposta a questo interrogativo affermando che siamo al mondo anche perché ci sono cose belle da fare e da partecipare con gli altri diventa un aiuto fondamentale.

L’omaggio più grande ricevuto oggi è sentire che esistono persone che vivono le mie stesse emozioni attraverso il mio lavoro. – “Il mio lavoro”….. io sono soltanto un interprete, un mezzo di comunicazione fra personaggi come Rossini e le nostre anime. Però ogni tanto anche l’interprete serve, è necessario… E devo dire che faccio questo mestiere con particolare passione ed entusiasmo, qualità che col passare degli anni invece di diminuire, lasciandosi andare alla stanchezza e al dubbio, mi sembrano aumentare. Ogni anno sono più interessato, più innamorato del mio autore, cerco di conoscerlo meglio, di collegarlo coi fatti dello spirito e della cultura della sua epoca. Ma soprattutto con le espressioni della nostra cultura contemporanea. Tutto questo, devo dire, dà alla mia giornata un significato, un senso importante. Non esisterei senza queste proiezioni che danno significato al mio lavoro.

Se sono felice è perché dentro di me sento una ricchezza, che non è solo ricchezza mia, ma anche quella che nasce dall’amicizia e dall’attenzione di chi appunto condivide passioni e fatiche, qualche volta anche dubbi e paure. Io credo che avvicinare i grandi spiriti – Rossini non è che uno, voi in Germania ne avete il patrimonio più grande, e non solo per quanto riguarda la musica – sia il modo per arrivare alla fonte della vita, là risiede l’energia che mantiene giovani. E io mi sento giovane, non fisicamente, ma di spirito.

Quindi grazie per i regali, per l’onore di essere Presidente di questi Amici carissimi e per l’energia e la gioia di vivere che mi date condividendo le mie passioni e il mio entusiasmo. Grazie!

Alberto Zedda

Discorso tenuto il 25 marzo 2000 nel foyer dell’ Opéra Royal de Wallonie a Liegi

© Zedda-Vázquez